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I giovani tra impegno e Grande Fratello

In una recente assemblea d’Istituto al Liceo Classico Cutelli di Catania, insieme al Preside della Facoltà di Scienze Politiche e al Direttore di Telecolor, gli studenti hanno dibattuto animatamente sul tema “I Cutelliani tra impegno e grande fratello”.

Il tema è talmente comune che è spontaneo allargare il dibattito a tutti i giovani. Prima di parlare forse sarebbe più giusto ascoltare l’’opinione di chi vede in noi il futuro e che, grazie all’esperienza dell’età e (perché no) dei capelli grigi, può offrirci uno spunto di riflessione: “In molti reputano i giovani buoni solo per fare càlia, guardare il Grande fratello ed MTV, privi di ideali e di fiducia in una società che offre spesso solo modelli negativi. Ma chi ha vissuto in prima persona gli anni ’60 e ’70, e quindi il grande periodo delle rivoluzioni, sa che dietro quell’apparente polvere di apatia dorme lo spirito guerriero dei giovani che sognano di cambiare il mondo“.

Chi va oltre i facili cliché può vedere come gli studenti di oggi mostrino maggio e consapevolezza nelle proprie azioni, con cui possono incidere sulla società, una più vasta cultura, un’educazione mirata al dialogo e allo scambio democratico di opinioni, una piccola dose di cinismo che aiuta ad essere un po’ più obiettivi. Il rovescio della medaglia ci mostra giovani omologati, massificati, privi di personalità e incapaci di dire “Io sono diverso”.

Lo si vede dal tipo di musica ascoltata, dal modo di vestire, dal proliferare di format televisivi come il Grande fratello, che, pur possedendo un grado culturale basso, sembra essere l’unico argomento condivisibile da tutti. Di chi è la responsabilità? Dipende solo dalla società in cui viviamo? Non è così! Dipende soprattutto da noi che, pur criticando questo tipo di TV demenziale, continuiamo ad accrescerne l’audience, confermando automaticamente il programma per la stagione successiva. Se vogliamo cambiare il mondo, dobbiamo cominciare da noi stessi. Perché, se i nostri padri lo hanno potuto fare nel 1968, anche noi oggi possiamo riuscirci.

Valentino Coppola

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